Saturday 30 December 2017

La storia del venerdì: i Longobardi e la questione meridionale

Comincia oggi una rubrica settimanale di storia e che, come si deduce dal nome, uscirà ogni venerdì. Composta di brevi riassunti di fatti storici, più o meno curiosi, che, senza la pretesa di essere lavori approfonditi, nascono con l'intenzione di dare al lettore una concisa conoscenza di fatti che non gli sono noti, di particolarità che la scuola dell'obbligo non ha la possibilità di esplorare, o che tale scuola ha insegnato erroneamente, vuoi per ignoranza auto-rigenerata vuoi per calcolo politico. Ognuno dei post di questa rubrica verrà ripubblicato durante il fine settimana tradotto in inglese. Buona lettura.



E' l'anno 569 d.C.: guidati da re Alboino, i Longobardi hanno lasciato la Pannonia ed invadono l'Italia attraverso il Friuli. Logorata dal ventennio della guerra greco-gotica, che aveva visto contrapposto l'Impero di Giustiniano al regno italiano degli Ostrogoti, da epidemie e carestie, la società romana dell'Italia non è in grado di opporre alcuna resistenza all'invasione. I Longobardi si insediano senza alcun piano e in modo difforme in tre aree: nella Pianura Padana, in Toscana, e nei territori di Spoleto e Benevento. Le coste, l'entroterra di Ravenna, la Pentapoli, Roma con una fascia di castelli che la collega alla costa adriatica e le Isole rimangono sotto il dominio bizantino.
I Longobardi, una società militare frammentata da disaccordi interni, fra le più rozze, definita dagli storici contemporanei “ferocemente estranea” a quella romana, sono cristiani ariani i capi (l'arianesimo era stato dichiarato eresia sin dal 325), pagani i popolani. Il loro insediamento in Italia ha un impatto violento sui romani: l'aristocrazia latifondiaria viene dispersa e le sue terre sequestrate dai capi militari, che si trasformano così in una aristocrazia terriera; stessa sorte è destinata ai beni della Chiesa Cattolica, che vengono assegnati alle chiese ariane.
La situazione per i romani migliora dopo la conclusione del periodo di conquista e riorganizzazione, ma soprattutto dopo che i Longobardi abbracciano il cattolicesimo, con un processo iniziato dalla conversione di re Agilulfo e sua moglie Teodolinda nel 591 e completato con l'abolizione dell'arianesimo da parte di re Ariperto nel 653. Nell'VIII sec. le due società sono ormai etnicamente mescolate e, sotto re Liutprando (712-744), trovano un ulteriore consolidamento.
E proprio Liutprando, approfittando della debolezza imperiale e di un sollevamento popolare nel 727, scatenato dalla lotta iconoclasta dell'imperatore Leone III, attacca e sottrae alcuni territori a Bisanzio. Parte di questi territori sono poi donati al papato, vuoi per riconoscerne il ruolo politico ormai acquisito, vuoi per tenerselo buono. Quando, però, i re Astolfo prima e Desiderio poi, riprendono, nella seconda metà del secolo, l'espansione ai danni di Bisanzio, è proprio il Papa che invoca l'aiuto dei Franchi. Franchi che intervengono più volte a contrastare i Longobardi, sottraendo prima loro alcuni territori che pure sono donati al papato, e ponendo per ultimo fine al Regno Longobardo nel 774 con Carlo Magno, che annette il Nord Italia al suo regno. Il Regno Longobardo continua ad esistere, semplicemente sottomesso ai Franchi ma senza che niente cambi nella sua struttura. I ducati di Benevento e Spoleto evitano l'occupazione e resistono fino alla conquista normanna, completata nel 1076 con la presa di Salerno.

L'occupazione longobarda e poi la loro sottomissione da parte dei Franchi ebbero due conseguenze che tutt'ora affliggono l'Italia. La prima è la nascita del potere temporale dei papi con l'acquisizione di un territorio prioprio, grazie alla donazione di Liutprando nel 728 cui si aggiunse quella dei pipinidi nel 756. La seconda conseguenza fu la divisione del territorio italiano in due parti il cui sviluppo e culture procedettero indipendentemente e a velocità differenti, e che non sarebbero più state riunite fino XIX sec.: era nata la questione meridionale.

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