Sunday 13 March 2016

Tu chiamalo se vuoi...

...paradiso fiscale. Ma paradiso per chi? 



L'isola caraibica su cui sono venuto a vivere e', come sapevo fin da prima di spostarmi, uno dei paradisi fiscali collegati e controllati da Londra. Qui non ci sono tasse sui redditi di alcun tipo. In apparenza non ci sono tasse su alcunche'. Il governo raccoglie soldi principalmente attraverso i permessi di lavoro e con i dazi imposti su ogni importazione, che possono superare il 40% del valore del bene importato, cio' che i residenti chiamano "the island's tax". 
Come e' facile capire questo sistema e' socialmente ingiusto, andando a pesare principalmente sulle fasce piu' povere della popolazione. L'alto costo di un permesso di lavoro, che dovrebbe ricadere sul datore di lavoro, porta piu' spesso che no a far lavorare a nero. Oppure e' il lavoratore stesso che deve pagare per il suo permesso. E tale permesso va rinnovato ogni anno e solo al decimo anno si puo' richiedere la residenza permanente. C'e' addirittura una ditta, che vende e fornisce assistenza per un certo tipo di apparecchiature, che pur di non pagare i permessi di lavoro ha deciso di aprire al pubblico quattro ore al giorno e solo su appuntamento, cosi' che non possa avvenire alcun controllo a sorpresa da parte del governo.
I dazi imposti su tutti i beni importati, che sono il 100% di cio' che si trova in vendita qui, fanno lievitare i prezzi in modo abnorme, tanto che un tubetto di Colgate puo' arrivare a costare circa 10 dollari e quei sandwich che a Londra vengono venduti per 1 pound, 1 pound e 50, arrivano anche a 10 dollari. Tali costi, non c'e bisogno di dirlo, pesano in proporzione maggiore sui redditi bassi.
L'assenza di tasse sui redditi e un regime di oligopolio nella conduzione economica non aiutano minimamente all'abbassamento dei prezzi e tanto meno a fornire qualita' su beni e servizi venduti. La' dove, ad esempio, i lavori di manutenzione e ristrutturazione di un'abitazione affittata a terzi possono essere detratti dalle tasse pagate sul reddito fornito dall'edificio stesso, il proprietario e', se non invogliato, di certo non scoraggiato dal mantenere la proprieta' in buono stato e magari spuntare per questo un affitto piu' alto dagli inquilini. Qui, invece, dato che tutto l'affitto percepito resta nelle tasche del proprietario, questi vede in ogni spesa sull'edificio stesso una perdita da evitare, anche a discapito degli inquilini.
L'impressione che mi sono fatto di questo luogo, dopo un solo mese che ci vivo, e' che renda le persone avide. O forse attira quelle persone che  avide lo sono gia'. L'atmosfera e' di certo strana, per qualche strana combinazione che non ancora afferrato ma che sono sicuro faro' in futuro. Qui si ritrova una strana combinazione di persone... o forse e' solo l'ambiente confinato che esalta le caratteristiche tipiche di ogni gruppo... ma le storie che ho sentito in cosi' pochi giorni soltanto nella mia ditta vanno dai comuni casi di dipendenti ubriachi che nottetempo (ma anche di giorno) volano con l'auto aziendale dentro una casa, a quello strafatto che va a parcheggiare il furgone nella boscaglia e poi non si ricorda dove lo abbia lasciato costringendo i colleghi a cinque giorni di ricerche, passando per la dipendente che un giorno non si presenta a lavoro scatenando il panico in ditta con conseguente telefonate ad ospedale e pronto soccorso e polizia e ricerche forsennate per tutta l'isola, per poi scoprire che la sua auto e' da giorni nel parcheggio dell'aeroporto, dove aveva preso un aereo per andarsene senza dire niente a nessuno. E penso sappiate tutti quanto costano i parcheggi negli aeroporti.

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