Sunday 26 October 2014

Indopakistrani 2

Cosa Nostra si reca ad un paio di negozi stamani e trova, davanti alle porte chiuse del Tesco, una scena "degna della Sicilia anni '50" (sue parole testuali): un assembramento di donne in niqab, hijab e burqa attende che si aprano le porte, con monelli e carrelli a due ruote al seguito, mentre una coppia di uomini anziani con i tradizionali taqiyah (copricapi pakistani da preghiera) urla e sbatte i pugni contro le porte pretendendone l'apertura. Due manager del supermercato arrivano fino alla porta ed uno dei due mostra, premendolo contro il vetro, l'orologio: le 10:10. I due vecchi non intendono e continuano a declamare improperi in urdu e sbattere i pugni contro il vetro, offesi dal comportamento del personale che rifiuta di aprire loro le porte. Del resto tutte le domeniche loro vengono a quest'ora ed è sempre aperto. Cosa Nostra guarda l'orario di apertura: 11 o'clock. E allora? Allora semplice, è finito l'English Summer Time (la nostra ora legale) e la scorsa notte l'orologio è arretrato di un'ora. Ma figuriamoci se la comunità indopakistrana se ne fosse curata. Io li avrei lasciati lì, ma Cosa Nostra è più di buon cuore rispetto a me e spiega ad una donna (perché gli uomini lo ignorano) che è cambiata l'ora, che sono le 10 e non le 11, e quindi devono tornare fra un'ora. I due vecchi continuano a sbattere i pugni. L'assembramento di imbacuccate si disperde piano piano, un'altra donna spiega ai due vecchi, che pare non abbiano capito neanche questa volta ma che comunque se ne sono andate. L'assedio al supermercato è finito.
Cinque minuti dopo Cosa Nostra ripercorre la strada in direzione opposta e l'assembramento si sta formando nuovamente: indiani, pakistani e anche qualche inglese. E pensare che telefoni cellulari e computer, ormai, aggiornano l'ora autonomamente...

Thursday 23 October 2014

Indopakistrani

In questi giorni l' East End londinese risuona di fuochi d'artificio. Da prima delle 8 di sera è una ininterrotta cacofonia di scoppi e fischi e botti e sfrigolii. I nuovi arrivati, che non avevano e ancora non hanno idea di che cosa si tratti, sono più stressati dei cani l'ultimo dell'anno in Italia e i social media si riempiono di domande allarmate nonché irritate su cosa stia accadendo in East London. Ebbene, questo è il capodanno indiano. O qualche altra loro festa del cazzo.  Il tutto nella peggiore tradizione napoletana, la cui componente gioiosa è mancante, che si trascina ben oltre la mezzanotte. Tanto i miei vicini color cacchetta mica vanno a lavorare al mattino, quindi posso stare alzati tutta notte a fare casino. Perché questa festa consiste in rumore e niente più. Ed ovviamente, essendo una festa asiatica non dura un giorno soltanto, ma si compone di vari anticipi e prove e poi si protrae a tempo indeterminato, sulla base delle scorte di botti che la speziata comunità indopakistrana ha acquistato. Dietro casa mia è in atto una replica dello Sbarco in Normandia, mentre dalla strada davanti arrivano lampi che pare ci sia una tempesta elettrica.
Chissà se qualcuno nella colorata e diversamente profumata comunità indopakistrana si pone mai la fatidica domanda se il suo oltranzista festeggiare possa infastidire i non appartenenti al gruppo e arriva a rispondersi che sì, a tante persone della loro festa non frega un cazzo e vorrebbero poter dormire la notte.

Watch us dance

Tuesday 21 October 2014

Malarazza


Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastune e tira fora li denti! (X3)

Un servo tempu fa intra 'na piazza,
pregava Cristu in cruce e ci ricia:
Cristu, lu me patrune mi strapazza,
mi tratta comu un cane pi la via,
si pigghia tuttu cu la sua manazza,
mancu la vita mia rici ch'è mia!
Distruggila, Gesù, sta Malarazza!
Distruggila, Gesù, fallo pi mmia! Sì..fallo pi mmia!

Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastune e tira fora li denti! (X2)

Cristo me rispunne dalla cruci:
Picchì? Si so spezzate li to brazza?
Cu vole la giustizia si la fazza!
Nisciun'ormai cchiù la farà pi ttia!

Si tu si un uomo e nun si testa pazza,
ascolta bene sta sintenzia mia,
ca iu 'nchiudatu in cruci nun saria
s'avissi fattu ciò ca ricu a ttia!
ca iu 'nchiudatu in cruci nun saria!

Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastune e tira fora li denti! (X4)


Il testo della canzone fu tratto da Modugno da una poesia attribuita al poeta siciliano Lionardo Vigo, vissuto nell' Ottocento ad Acireale. La poesia, dedicata "ai poveri cristi della Ducea di Bronte", distilla tutto l'odio che secoli di sempre maggiore oppressione da parte della classe nobiliare avevano creato nel popolino, privato di ogni cosa, ridotto in condizioni miserabili e considerato semplicemente come "qualcosa" da sfruttare (mancu la vita mia rici ch'è mia). Questo è il testo originale della poesia:

 Un servu, tempu fa, di chista piazza
cussì priàva a Cristu e nci dicìa:
"Signuri 'u me patruni mi strapazza,
mi tratta comu un cani pi la via,
tuttu mi pigghia cu la so' manazza
la vita dici chi è mancu la mia.

Si jeu mi lagnu cchiù peju m'amminazza
chi ferri mi castja a prigiunia.
Undì jò mo ti prejiu 'sta malarazza
distruggimmilla Tu, Cristu, pi mmia
distruggimmilla Tu, Cristu, pi mmia".

"E tu forsi chi hai ciunchi li vrazza,
oppuru ll'ha 'nchiovati com'a mmia?
Cu voli la giustizia si la fazza
non speri ch'autru la fazza pe ttia.
Si tu si omu e non si testa pazza
metti a profittu 'sta sintenzia mia.
Jò non sarrìa supra sta cruciazza
s'avissi fattu quantu dicu a ttia!"

Tuesday 14 October 2014

I am...

I'm the scent left on a pillow, the fear in the heart of another person. I'm the worry biting at my stomach, the undertaken road and even more the forsaken. I'm smoke and colours, anger and misery, the sown sorrow and the stolen bliss. I'm a harvest lost even before seeding, the fruit of a labour not done. I'm a rocky ground, a source of bitter water, slime on the bottom of the soul, poison and blood and foolishness. I'm that part carved by the blade, a lost gamble, a forgotten dream, a re-surfaced memory.

I am what I am: a kiss at the corner of a smile, the glare blinding the eye, the shadow bemusing the mind. I am what I am: something wrong, something lost.

Sono...

Sono l' odore lasciato su un cuscino, la paura nel cuore di un' altra persona. Sono il dubbio che 
rode il mio stomaco, la strada intrapresa, ma ancor di più quella che ho abbandonato. Sono fumo e colori, rabbia e miseria, il dolore seminato e la felicità rubata. Sono un raccolto già perso ancor prima di seminare, il frutto di un lavoro non fatto. Sono un terreno roccioso, una fonte di acqua amara, fango sul fondo dell'anima, veleno e sangue e stoltezza. Sono quella parte che il coltello ha scavato, sono una scommessa persa, un sogno dimenticato, un ricordo riemerso.


Sono ciò che sono: un bacio all'angolo di un sorriso, il riflesso che acceca l' occhio, l' ombra che confonde la mente. Sono ciò che sono: qualcosa di sbagliato, qualcosa di perduto.

Saturday 4 October 2014

Into the underwood

You like as I write, you say, but I ought to put some more rays of sun in it. Even you... But why all of you ask for the sun to me, me who am just a shadow searching for its sun? I am a dark corner in a man's heart, and with the sun... well, with the sun I would simply disappear. I live in to the underwood, under the thick and woven leafy branches of centuries-old trees. It is in this place of shadows and scents, moist and sometimes cold but crawling with life, that I live, observe, create and compose. And what I create, unfortunately, would be trivial when brought into daylight. Much better to let it linger in the lights and shadows created by the sun piercing through the foliage. Or to let it move slow there where the wood is thicker, and leave to your fantasy the duty of giving shape and size to it since there's no light enough to define it.
After all, some shadows are beneficial to you all as well. Sometimes the light dazzles, or makes too evident some flaws; or maybe there's something you prefer not to be seen, a small sin which would glitter in the afternoon sun. And so, every time you have the desire, or you feel the need, come to me, through blackthorns and bramble, here where I have my den, dug amongst the sturdy roots of a knotty tree. I will entertain you with my tales and arouse conflicting emotions in you with my stories. I will delight in your applauses, then I'll let you return to the light you're born from. Rotten leaves, moss and worms, mushrooms and wet soil scent: these treasures are mine and for me alone. Let's everybody lives in its own realm and will try not to change the other one.

La nave e la strega

Dunque, la Cutty sark è una nave, situata in prossimità dell'omonima stazione della DLR. Se uscendo dalla stazione andate verso il fiume Thames potete raggiungerla, tirata in secca in una piazza e trasformata in un museo per i turisti. A pagamento, of course. La Cutty Sark, i cui alberi sono visibili al di sopra degli edifici, è uno degli ultimi tea clipper costruiti ed anche uno dei più veloci. Dicono sia anche l’ultimo integro tea clipper attualmente esistente, ma al riguardo non ho informazioni certe ed essendo ciò che dicono gli inglesi non c’è da fidarsi. Fu costruito in Scozia nel 1869 con lo scopo di trasportare tè sulla rotta delle Indie Orientali, ma la (ri)apertura del Canale di Suez (avvenuta nello stesso anno) rese le navi a vela obsolete su tale tratta, in quanto la scorciatoia per la Cina era navigabile solo da battelli a vapore. Nel giro pochi anni, quindi, la Cutty Sark fu tolta dal tea trade ed impiegata nel commercio della lana con l’Australia, sulla cui tratta stabilì il record di velocità che conservò per 10 anni. Questo anche perché capitanata da un “pazzo” che seguiva la rotta antartica, per sfruttarne i venti più forti, incurante di dover zig-zagare fra gli iceberg. E sulla tratta australiana resterà fino al 1895, quando ormai i battelli a vapore uguagliarono, o addirittura migliorarono, le performance dei clipper. In tale anno fu venduta ad una compagnia Portoghese, per poi essere riacquistata nel 1922 da un capitano in pensione che la adibì a nave scuola. Esaurita la sua utilità come nave scuola, la Cutty Sark fu tirata in secca nel 1954 e messa a disposizione del pubblico.

   E fin qui la storia di questa nave non ha niente di inusuale, ma è proprio ciò che le è successo dopo essere stata tirata all'asciutto che è degno di menzione. Nel maggio del 2007, durante dei lavori di restauro, la nave prese fuoco. I pompieri impiegarono alcune ore per domare l’incendio, al termine del quale il veliero era praticamente distrutto. La Cutty Sark era sopravvissuta agli iceberg antartici e ai tifoni dell’Oceano Indiano, per poi essere bruciata proprio dagli operai che dovevano restaurarla. Il restauro fu completato grazie a fondi privati, superando il costo di 35 milioni di sterline (compresi i lavori inizialmente programmati) e la nave resa nuovamente accessibile al pubblico nell’aprile del 2012. Il Cutty Sark Trust, che gestisce la nave, dichiarò all'epoca che meno del 5% del fasciame originale della nave era andato distrutto dal fuoco in quanto era già stato rimosso per l’opera di restauro. C’è da chiedersi cos’è che si vede bruciare nell’incendio immortalato in foto.

   La polizia non trovò alcuna prova che si trattasse di un incendio doloso, e costruì un’ipotesi che non può che far sorridere amaramente, in quanto l'accaduto è qualcosa legato alla mentalità britannica e con la quale chiunque viva su quest'isola deve fare i conti. Nella poppa della nave era collocato un aspiratore dotato di tre motori per rimuovere la segatura prodotta durante i lavori, e dato che nessuno degli operai era stato incaricato di spegnerlo, il venerdì sera tutti se ne andarono a casa, o per meglio dire al pub, senza spengerlo. L’aspiratore non aveva un interruttore di sicurezza in caso di surriscaldamento, ma era di un tipo che potesse lavorare ininterrottamente senza problemi. Fin quando i filtri venivano tenuti puliti. Ma nessuno degli operai era incaricato di pulire i filtri. Così pare che l’aspiratore si sia surriscaldato, abbia preso fuoco ed incendiato la nave. Dico pare perché non ci sono prove certe: uno dei motori si bruciò sicuramente mentre il macchinario era in funzione, ma potrebbe essere accaduto in precedenza senza che il personale lo notasse in quanto i restanti due motori supplirono a sufficienza. Questa resta comunque l’ipotesi più plausibile.

   
   E questa è la storia della Cutty Sark. Ora date un’occhiata alla polena del veliero, una donna a petto nudo che stringe in mano una coda di cavallo. Rappresenta la strega Nannie Dee, personaggio ideato da Robert Burns per il racconto Tam o’ Shanter, e che dà il nome alla nave. L’ ubriaco Tam, mentre cavalca attraverso un bosco, incappa nella giovane strega che danza indossando solo un paio di mutandoni, in scozzese chiamati sark, che le erano state regalati quando era bambina, ma che ora le vanno decisamente corti, da cui cutty. Elettrizzato dallo spettacolo erotico, Tam urla “Well done, cutty sark!”, svelando la sua presenza alla strega che lo insegue. Per sfuggire a Nannie Dee, in quanto era ritenuto che le streghe non potessero passare i corsi d’acqua, Tam attraversa un ponte, ma non prima che la strega riesca a strappare la coda del suo cavallo. Morale della favola secondo Burns: state lontani dalle donne lascive. Soprattutto se siete ubriachi, perché magari avete scambiato per lascivia qualcos’altro.

PS cercando in internet foto della polena della nave, potreste trovarne in cui Nannie Dee ha il seno coperto. Si tratta non della polena originale ma di una montata successivamente per opera di uno dei proprietari della nave per "restaurarne la decenza morale". Suppongo che una copia della versione originale sia stata nuovamente piazzata sulla nave durante i lavori di restauro.

Foto in apertura di Igor Taran https://www.flickr.com/photos/69060112@N05/

Thursday 2 October 2014

Tappami, Levante



Se l'appuntamento di domani sera non va bene,
voglio essere tappato pure io. 
Però aspettate che vi dica com'è andata.
Gli scaccolatori di nasi altrui possono tornare
su questo post sabato sera per sapere com'è finita.

Aggiornamento di sabato, ore 20:00 - Vedo dallo Stato del mio blog che qualcuno è veramente venuto a controllare su questo post per sapere. Ma realmente avete creduto che vi avrei raccontato del mio appuntamento?!