Thursday 24 January 2013

L'amore al tempo dei Riots: la prima cosa che ho fatto a Londra

     

     Non arriveremo ai Riots neanche in questo post. Si tratta solo di un "inciso", di un piccolo episodio, che non ha avuto un grande peso sulle mie azioni se non per dimostrami come sia difficile percorrere una strada che si e' scelta. O come, in questo caso, non avessi poi molta voglia di percorrerla. O di come sia meglio cambiare idea quando si capisce che e' stata presa la decisione meno appropriata per non dire sbagliata.
     Dunque, durante la mia prima settimana di permanenza a Londra era stata organizzata una conferenza di Marco Travaglio. Il titolo era "Italians are better then their Prime Minister". Il Prime Minister era ovviamente Berlusconi. I biglietti in numero limitato. Tenete a mente "numero limitato". Non potevo certo permettermi di spendere soldi in conferenze, concerti o spettacoli, ma la conferenza era gratuita quindi prenotai uno dei biglietti in numero limitato quasi un mese prima. Era di mercoledi' sera, mi pare. Partii per tempo, sotto la pioggia, con un cappello prestatomi dal landlord per ripararmi un poco. Sara' perche' con quel cappello mi sentivo ridicolo, ma lo dimenticai in metropolitana. Quindi all'uscita della tube non avevo neanche quello a ripararmi.
     Trovai l'edificio dove si teneva la conferenza, cosa non facile a Londra se non hai per lo meno uno smart phone con Google maps perche' i numeri civici qui non si prendono la briga di metterli. Piccola parentesi: credo che il postino sia uno dei lavori piu' duri a Londra. Numeri civici che nessuno mette; edifici che non hanno il numero ma un nome, tipo "The Red House" o altro; strade dove i numeri sono tutti in sequenza prima su un lato e poi su l'altro invece che suddivisi in pari e dispari; in Italia le strade iniziano dalla parte piu' vicina al Centro cittadino, quindi spesso si puo' capire dove siano i numeri piu' bassi e dove quelli piu' alti ancor prima di arrivare alla strada, a Londra e' tutto casuale. Una volta dovevo lavorare in un giardino al numero 74 di una strada di Chiswick: bene, cercando la casa arrivai al numero 30 e dopo quello trovai il 76. Tutti i numeri dal 32 al 74 mancavano. Non c'erano stradine private ne' numerazioni interne di sorta. Era come se un'astronave aliena avesse teletrasportato un intero isolato. Chissa' perche', ma non li avevano messi, quei numeri. Per mia fortuna dall'ufficio mi avevano mandato l'indirizzo sbagliato e il mio cliente abitava al numero 47.
     Chiusa la parentesi sui numeri civici. Dicevo che trovai l'edificio della conferenza a fatica. Qui bisogna entrare nei locali pubblici e chiedere al gestore qual e' il suo numero civico, poi esci e ti avvii in una direzione per entrare nel successivo locale e verificare il suo civico, cosi' da capire se hai preso la direzione giusta. Di solito e' la direzione sbagliata. Insomma, arrivo e trovo una coda chilometrica. Mi metto in coda di buon grado, sotto la pioggia, condividendo gli ombrelli di altri in coda. Qualche volta anche su invito del proprietario dell' ombrello.
     In coda erano tutti italiani. Insomma, la dimostrazione che qua a Londra di come siamo in Italia, se Berlusconi ci rappresentasse o meno e cose simili, non gliene frega una beneamata cippa a nessuno. Alla conferenza di Travaglio ci erano andati solo antiberlusconiani convinti, per lo piu' vacanzieri. Tutti antiberlusconiani eccetto me, che all'epoca ero per lo sterminio fisico di tutta la nostra classe politica, partendo dall'estrema sinistra per finire all'estrema destra. Ora come ora sono piu' per fare come facevano i cinesi ai tempi dell'Impero con i traditori: sterminavano l'intera famiglia del traditore, tutti i parenti anche alla lontana, giusto per assicurarsi che nessuno rimanesse a covare risentimento e propositi vendicativi.
      Dopo circa un'ora di coda sotto la pioggia, durante la quale ero riuscito a fare amicizia con una coppia, riusciamo ad entrare nell'edificio. E qui la sorpresa. I posti a sedere in sala erano tutti occupati, assegnati da moooolto tempo. A noi altri coglioni, quelli con uno dei biglietti in numero limitato, ci smistarono neanche fossimo stati bovini in base alla iniziale del cognome, cosi' che coppie ed amici finirono per essere divisi, e con un bel braccialetto di carta al polso fummo incanalati verso due diverse sale per poter seguire la conferenza, stando in piedi e pigiati, da degli schermi giganti che tanto giganti poi non erano. La cosa bella era che la conferenza era trasmessa in streaming, e vederla per vederla in uno schermo potevamo farlo da casa, comodamente seduti di fronte al pc. 
     Mi strappai il braccialetto e me ne andai, deciso a eliminare tutto cio' che era italiano dalla mia vita. Essere preso per il culo con un overbooking fatto solo per poter dire ai giornali che erano in tot alla conferenza di Travaglio era decisamente troppo. Come ho gia' scritto in precedenza, i successivi due mesi senza riuscire a parlare con nessuno, la chiusura e freddezza della societa' inglese, la ghettizzazione culturale che si vive a Londra (spesso autoimposta) e la pochezza che scoprii ben presto sotto quella crosta che osano chiamare cultura e la patina di buona educazione e cortesia mi portarono ben presto a riconsiderare la mia decisione e a prendere contatto con altri italiani residenti come me a Londra.
      Se sei nato italiano, non ci puoi fare nulla. Un italiano puo' essere vissuto qui a Londra anche per dieci o vent'anni, quando lo incontri nella tube lo riconosci ancor prima che apra bocca. E che sia uno zotico o uno dei "cervelli in fuga" questo e' un complimento.


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